Bentornate cucciole, come state?
La Super Santa ringrazia le cucciole che sono venute sabato 11 gennaio a farsi oracolare il 2025 con le sante ribelli. Abbiamo stracciato, metaforicamente, la lista dei buoni propositi e siamo ripartite facendoci guidare dall’oracolo agiografico. Perché non ci sono figure più ribelli e rivoluzionarie delle sante!

Quante di noi nella lista dei buoni propositi hanno inserito cose che pensano di non saper fare? Se pensiamo di non saperle fare difficilmente faranno parte di quella lista. Ma concordo con la first lady (quasi un brivido a scriverlo), mi sembra la frase motivazionale perfetta per cavalcare questo potente 2025.
Soprattutto perché abbiamo chiuso il 2024, anno bisestile, con una geremiade da manuale.
Ci sono parole meravigliose che non usiamo abbastanza, geremiade è una di queste. Una Geremiade è una sequela di lamenti e piagnistei prolissa e noiosa. Arriva a noi attraverso il francese jérémiade, dal nome del profeta biblico Geremia, celebre per le profezie nefaste, e a cui fu attribuito il Libro delle Lamentazioni. Ovviamente nessuno lo ascoltò e si dice che finì per essere ucciso — così avrebbe finalmente taciuto.
Quante geremiadi sentiamo in giro, le persone si lamentano in continuazione, i ricchi sono cattivi, i poveri fanno schifo, non avremo mai la pensione, ai miei tempi, non c’è più rispetto, i giovani sono maleducati, i vecchi hanno rubato i soldi dei giovani. Ricordiamoci cucciole le prossime volte che attacchiamo con una geremiade, che Geremia è stato ucciso, perché alle persone di sentire lamentazioni non piace, piace farle, ma sentirle no. Abbiamo il dovere morale di non farci profete nefaste per tutto il 2025.
Anche e soprattutto per non rischiare di rompere gli zebedei alle cucciole prossime. Il fatto che un nome abiti la religione non lo salva dall’essere profanato. Se questo vale per Geremia, vale in maniera ancora più evidente con quello che succede agli apostoli Giovanni e Giacomo, che in quanto figli di Zebedeo, fili Zebedei, hanno dato vita alla coppia eufemistica degli Zebedei.
“Ora, fra i dodici apostoli scelti da Cristo c’erano coppie di fratelli di sangue: pensiamo a Pietro e Andrea, oppure - ed è il caso che ci interessa - a Giovanni (l’evangelista) e Giacomo il maggiore. Questi due erano figli di Zebedeo: oggi diremmo che costui era un imprenditore ittico, visto che lui stesso era pescatore ma aveva anche altri pescatori alle sue dipendenze; e con lui, sul lago di Tiberiade, lavoravano i suoi figli.” (Iscrivetevi alla meravigliosa rubrica una parola al giorno)
Come la Super Santa ripete, il profano prende a braccetto il sacro e viceversa, dando forza ora all’uno, ora all’altro. Così dev’essere capitato che durante quelle lunghe messe in latino, le persone, non capendo la lingua, si appigliassero a parole che solleticavano la fantasia, o la rottura di cazza per l’attesa. Questi zebedei, fili zebedei, i due zebedei. Chissà chi è stata la prima cucciola a inaugurare nella seconda metà dell’Ottocento, questa profanaccia usanza linguistica.
Sant’Antonio Abate

Durante questi primi giorni dell’anno i culti precristiani riecheggiano nei culti cristiani, determinati a restarci ancora a lungo, si accendono fuochi in ogni dove, dal Nord al Sud del paese.
Sono famosi i fuochi per Sant’Antonio Abate, il 17 gennaio, in Sardegna data di uscita delle maschere del carnevale, i Mamuthones e i Issohadores di mamoiada (maschere per voler essere allegre, ma non siamo a Viareggio. Ciao cucciola Sonia, questa è una citazione per te e il tuo carnevale colorato).
Il 17 gennaio si festeggia Sant’Antonio Abate, quello del capricorno, da non confondere con l’Antonio di Padova (13 giugno, gemelli) che viene ritratto col giglio e il bambino, molto popolare e invocato per risolvere cose pratiche e trovare oggetti smarriti. Questo di gennaio, invece, è raffigurato con un maialino, la campanella e il bastone da eremita a forma di T, la “tau” ultima lettera dell’alfabeto ebraico e quindi allusione alle cose ultime e al destino.
Nel periodo in cui il cristianesimo passava dalle persecuzioni alla libertà di culto, emerse una nuova forma di santità: la vita monastica. Il suo pioniere fu Sant'Antonio Abate, la cui storia ci è giunta principalmente attraverso la biografia scritta dal suo discepolo Sant'Atanasio.
Nato nel 250 in Egitto da una famiglia benestante, Antonio visse una svolta radicale intorno ai vent'anni. Rimasto orfano con una sorella da accudire e un ricco patrimonio da gestire, fu profondamente colpito dal passo evangelico sul giovane ricco. Decise così di donare tutto ai poveri, affidare la sorella a una comunità di vergini e intraprendere un cammino di ascesi sempre più radicale (chissà che storia avrebbe raccontato la sorella se ne avesse avuto la possibilità!).
Il suo percorso spirituale fu una progressiva ricerca di solitudine e contemplazione. Iniziò vivendo ai margini del suo villaggio, dove un angelo gli insegnò a bilanciare preghiera e lavoro manuale - un principio che sarebbe diventato il fondamento del monachesimo occidentale, l’ora et labora della regola benedettina. Cercando un isolamento più profondo, si ritirò in una tomba nella roccia, dove affrontò terribili tentazioni carnali e prove spirituali (ahi ahi la mortificazione della carne, la strada più inutile per arrivare a dio). Infine, si stabilì per vent'anni in una fortezza abbandonata sulle montagne del Pispir.
Nonostante il suo desiderio di solitudine, Antonio non rimase indifferente alle sfide della Chiesa del suo tempo. Nel 311 lasciò l'eremo per sostenere i cristiani perseguitati ad Alessandria, e più tardi supportò Sant'Atanasio nella lotta contro l'eresia ariana. La sua saggezza attirava persone da ogni dove, e attorno a lui si formarono le prime comunità monastiche organizzate (per seguirlo la si gente accampava attorno al Nilo, che caldo mamma mia!).
Trascorse gli ultimi anni nel deserto della Tebaide, coltivando un piccolo orto e accogliendo chi cercava la sua guida spirituale. Morì nel 356, a 106 anni, lasciando un'eredità di 120 detti e 20 lettere che avrebbero influenzato profondamente la spiritualità cristiana.
Nel XI secolo, le reliquie di Sant'Antonio, dopo un lungo viaggio da Alessandria a Costantinopoli, giunsero a Motte-Saint-Didier in Francia, dove fu costruita una chiesa in suo onore. Il luogo divenne un importante centro di pellegrinaggio, soprattutto per i malati di ergotismo. La malattia, causata da un fungo della segale, provocava intensi bruciori, era nota come "ignis sacer" (fuoco sacro) e oggi è associata all'herpes zoster, "fuoco di Sant'Antonio". Per accogliere il crescente numero di pellegrini malati, fu costruito un ospedale e fondato l'ordine degli Antoniani.
E qui viene il bello, perché tutta questa storia del fuoco e dei maiali si aggrappa a una leggenda con cui il santo egiziano ha poco da spartire, apparentemente, perché il caldo dell’Egitto di quel periodo secondo me era ignis sacer puro.
La leggenda ufficiale:
“Il Papa accordò agli Antoniani il privilegio di allevare maiali per uso proprio e a spese della comunità, per cui i porcellini potevano circolare liberamente fra cortili e strade; nessuno li toccava se portavano una campanella di riconoscimento.
Il loro grasso veniva usato per curare l’ergotismo, che venne chiamato “il male di s. Antonio” e poi “fuoco di s. Antonio”. Per questo motivo, nella religiosità popolare, il maiale cominciò ad essere associato al grande eremita egiziano, poi considerato il santo patrono dei maiali e per estensione di tutti gli animali domestici e della stalla. Sempre per questa ragione, è invocato contro le malattie della pelle in genere.
Una leggenda popolare, che collega i suoi attributi iconografici, narra che sant’Antonio si recò all’inferno, per contendere l’anima di alcuni morti al diavolo. Mentre il suo maialino, sgattaiolato dentro, creava scompiglio fra i demoni, lui accese col fuoco infernale il suo bastone a forma di “tau” e lo portò fuori insieme al maialino recuperato: donò il fuoco all’umanità, accendendo una catasta di legna. Da Santi e Beati
La storia che ricordo io: l’Antonio del capricorno era uno che non aveva paura di niente, e per regalare il fuoco agli umani era andato col suo amico maialino all’inferno. I due, non certo sprovveduti, avevano organizzato un piano. Mentre Sant’Antonio riempiva di chissà quali inutili quesiti i diavoli all’ingresso dell’inferno, il Babe Maialino Coraggioso schizzava come un fulmine tra le gambe dei satanassi per andare a recuperare il fuoco e consegnarlo attraverso il lungo bastone del santo, agli umani (che detta così!).
San Sebastiano

Domani lunedì 20 gennaio si festeggia San Sebastiano, diventato ormai icona gay per eccellenza, in barba a qualsiasi dettame o forse rivelazione. Anche per lui si accendono i fuochi, in tutti i sensi.
San Sebastiano fu un martire cristiano morto intorno al 304 d.C. Nato a Milano da padre francese e madre milanese, si trasferì a Roma dove divenne tribuno della guardia imperiale (era anche un pretoriano, per dire!) sotto gli imperatori Diocleziano e Massimiano. Pur essendo cristiano, mantenne segreta la sua fede mentre aiutava altri cristiani perseguitati.
La sua storia è nota attraverso poche fonti storiche, principalmente il "Cronografo" del 354 e la successiva "Passio" del V secolo. Si distinse per aver convertito diversi nobili e militari, tra cui il prefetto Cromazio, e per aver incoraggiato due giovani, Marco e Marcelliano, a mantenere salda la loro fede (qui a non essere maliziose è fare peccato).
Quando fu scoperto come cristiano, Diocleziano lo condannò a morte. Sopravvisse miracolosamente a un primo martirio con le frecce, grazie alle cure della nobildonna Irene. Dopo essersi ripresentato all'imperatore per rimproverarlo delle persecuzioni, subì un secondo martirio: fu flagellato a morte e il suo corpo gettato nella Cloaca Massima (adoro quando si intestardivano). Ritrovato dalla matrona Lucina su indicazione del santo in sogno, fu sepolto nelle catacombe dell’Appia, diventando presto patrono contro le pestilenze.
“Inizialmente san Sebastiano fu raffigurato come anziano o uomo maturo con barba e senza barba (era un orso), vestito da soldato romano o con le lunghe vesti proprie di un uomo del Medioevo. Dal Rinascimento in poi diventò l’equivalente di quegli dei ed eroi greci celebrati per la loro bellezza.
L’origine di questo fatto risale a una leggenda dell’VIII secolo, secondo la quale il martire sarebbe apparso in sogno al vescovo di Laon, con le sembianze di un bellissimo giovane (diteci la verità, mascalzoni!). Da allora, pittori e scultori cominciarono a raffigurarlo con quelle fattezze, legato a un albero o a una colonna e trafitto dalle frecce, tanto da far scordare che quello fu solo il primo tentativo di ucciderlo.
Innumerevoli sono le opere d’arte che lo raffigurano: il soggetto offriva infatti una possibilità di mettersi alla prova nella raffigurazione di corpi atletici, specialmente agli scultori. Anche Michelangelo Buonarroti, nell’affresco del “Giudizio Universale”, ne offrì un’interpretazione personale, quasi guerriera: lo immaginò nudo e possente come un Ercole, mentre stringe in pugno un fascio di frecce (…).
Infine è da ricordare che, insieme a san Giovanni Battista, è molto raffigurato nei gruppi di santi che circondano il trono della Madonna o che sono posti ai lati della Vergine.” Dal sito Santi e Beati
Voglio ringraziare la cucciola Filippo Arras che continua a regalarmi immagini meravigliose ispirate alla Super Santa. La cucciola Filippo stravince a mani basse. Sono commossa e felice!
Cucciole siamo al gran finale, Holyletter prolissa e felice. Vi ricordo che stasera vado di nuovo in scena con la Holy Lesson N1, quella dove racconto cose sui santi, sante, Madonne e della mia vita personale. Lo spettacolo in cui mi comprometto.
Se volete venire ci stringiamo, però prenotate, il biglietto costa solo 10€.
Vi amo molto, vi stramo, vi voglio bene e spero di vedervi presto.
Una corsa all’Inferno con un maialino complice e compagno per donare il fuoco agli “uomini” (genere includente), li vedo, tifo per loro. Mi ammalia, mi commuove mi emoziona come un avventura, come sempre mi catapulti e la tua scrittura e’ cosi’ fluida, penetrante coinvolgente! Grazie
Il tuo benedetto, modo di raccontare, sento la tua voce, mi coinvolge all’inverosimile, mi calma, mi travolge, e’ come scoprire gli strati archeologici della terra madre, di cui cui parte per un breve periodo, amato molto. Grazie una seconda volta come San Sebastiano Una seconda volta per essere il top of the pop dei santi ❤️
Eterna gratitudo