Cucciole del mio cuore santo, come state?
La Super Santa ha superato lo scoglio granadino nonostante i dolci fiumi andalusi continuino a mischiarsi al suo sangue. La sangre derramada (il sangue versato, come canta la poesia di Federico Garcia Lorca, purtroppo mi ripeto perché ho un debole pazzo per lui), la sangre derramada sul cuore delle persone che abbiamo amato, sull’altare della memoria, sul nostalgico futuro che avremmo desiderato, mi ricorda quanto spesso rimaniamo aggrappate al dolore, quanto sia difficile sollevarsi e spingersi oltre.
Ma la leggerezza è d’obbligo, il volo un’urgenza, rendersi frivole l’extrema ratio.
Questo le sante lo sapevano bene, la levitazione simboleggia l’altezza e la sommità è priva di pesi, di orpelli inutili e gravosi.
Elevarsi alle altezze degli altari, però, non significa rinunciare al corpo, non significa resistere in bilico tra l’ombelico e i neuroni, è un invito a sentire col sangue, a non versarlo invano, a mandarlo in ebollizione, a farlo vorticare, inondando, ogni angolo della nostra carne.
Rendersi sante non è mancanza di brivido carnale, è piuttosto utilizzare quel brivido per spiccare il volo. La santità non è mancanza di sessualità, sinonimo di castità, è fare del piacere il mezzo per connettersi al divino, a ciò che si avvicina all’idea dell’assoluto.
La santità è radice e fronda, è terra sotto i piedi, aria tra i capelli.
La santità è la fiamma del fornello assieme all’impeto dell’onda, è fuoco che trasforma, emozione che disseta e smonta.
Questo esperimento di leggerezza suprema l’ho vissuto lunedì 15 aprile, quando sono andata nell’isola di Sant’Antioco a festeggiare il Santo da cui l’isola prende il nome.
Sant’Antioco è il nome del Santo, dell’isola e di uno dei due paesi che stanno sull’isola. Si trova nelle coste sud occidentali della Sardegna, vicino all’isola di San Pietro, anzi è l’isola di San Pietro che sta vicino a Sant’Antioco (questo perché le genti devote al Re Sulcitano continuino a invitarmi da loro. La Super Santa in chiave opportunista)
Mi hanno accompagnato delle cucciole amiche mie, siamo partite in tarda mattinata, timorose di non riuscire a ritagliarci un momento d’intimità col Santo.
Sant’Antioco è il patrono della Sardegna, era originario del nord Africa, era nato in Mauretania nel 95 d.C., e esiliato sull’isola perché fervente cristiano. Dicono che fosse un medico durante l’impero di Adriano e che operò in Cappadocia, regione dell’Asia minore, e in Galazia, antica regione dell’Anatolia centrale. Ed è proprio in queste regioni che diffuse la parola di Cristo. Come ogni martire che si rispetti, secondo i romani, si fece prendere la mano dalla parola rivelata e una volta esiliato in Sardegna venne mandato ai lavori forzati in miniera. Ma Antioco era così fervente che non si fermò neanche davanti all’esilio, manco davanti alla fatica delle miniere, niente da fare, lui voleva parlare di Cristo.
Tanto fece, tanto disse che i romani, stremati, lo condannarono a morte, ma lui che era fervente fin nel midollo convertì pure il suo custode, il soldato Ciriaco. Convertì chiunque. Fino all’ultimo respiro, Antioco, convertì.
E si può dire che agli abitanti di Sant’Antioco un po’ (più di un po’) di questa parlantina sia rimasta, forse ereditata dal Santo, forse no.
Secondo una delle cucciole che mi accompagnava, la sua forza evangelizzatrice non risiedeva né nel privilegio della medicina, né nella parola di Cristo, bensì nella potenza mauritana del suo organo erettile.
E si può dire che gli abitanti di Sant’Antioco, forti della potenza mauritana dell’organo del loro Santo, si portino dietro carrozze di malizia marina e desiderio d’amore salato.
Questa birichinata santa la si poteva respirare nell’aria, anche se la statua di Antioco di Sulcis (così si chiama la regione della Sardegna in cui si trova l’isola del Santo), a differenza di altri martiri, è rivestito di un lungo e pesante abito di velluto rosso. Non siamo davanti a un Battista ignudo, un San Sebastiano lascivo. Non sono le nudità a trascinarti nel vortice della sua forza evangelizzatrice, tantomeno la sua chiesa, di pietra gentile, comoda, abbraccio bianco, mano nera, sedile di dio.
L’aria leggera del mare si attacca alle labbra, ricade sulle palpebre e le ciglia, ti bacia le guance quando il santo sfila, portato a spalla, lungo le strade profumate di petali di rose, menta, lentisco e lavanda. Un soffio che spettina e salva, una devozione dolce e mansueta.
I bus delle compagnie private parcheggiati all’ingresso del paese hanno scaricato orde di fedeli arrivate da tutta la Sardegna. A salutare il Santo mauritano c’erano persone di tutte le età, come per ogni età erano le bancarelle sul lungomare. C’erano i dolciumi, il torrone, i dimostranti di utensili da cucina, il venditore di coltelli, i calici di carignano. L’odore di arrosto si mischiava alla cipolla, poi alle crepes, e ancora agli arrosticini. Tolleranza olfattiva, il naso sotto assedio.
Il Santo patrono, Antioco di Sulcis, lo si poteva toccare, si potevano ammirare i pani a forma di cuore che orlavano il legno, ricamati come colletti di scolarette del secolo scorso.
La sua reliquia sempre dietro, vicina, il suo cranio incastonato senza vetro in una teca argentata. Vanno assieme, la statua e il suo cranio, in uno sposalizio divino.
Come divino è stato l’intervento degli spalatori di merda equina che seguitavano con allegrezza e baldanzosa fierezza, i cavalieri e gli amazzoni che aprivano il corteo.
Si chiamano Lucio e Giuseppe, santi! Perché loro è il regno dei cieli.
Ma un tarlo invade il cervello, si gira e si contorce, si alza e precipita: come ha fatto un cristiano africano del secondo secolo d. C. a meritarsi, duemila anni dopo, il titolo di patrono della Sardegna?
La Super Santa vi lascia con questa nucleare bomba devozionale perché molti sono gli studi, molte le possibilità. Nessuna però sarà in grado di spiegare fino in fondo la meraviglia del corpo glorioso di Antioco di Sulcis, il Santo mauritano, che con la pelle color miniera, in barba alla lega, governa e riluce il popolo sardo.
Ps - Questi in video sono gòccius (nel sud Sardegna, perché da altre parti dell’isola prendono altri nomi), sono dei canti poetici, devozionali e paraliturgici, di provenienza iberica. In Sardegna abbiamo goccius per ogni Santa o Santo, hanno metriche differenti in base alla zona di provenienza. Sono bellissimi.
Cucciole del mio cuore, spero che questa Holy vi abbia lasciato il desiderio di seguirmi nella prossima festa devozionale.
Nel frattempo ricordate di rendervi aeree, di tagliare le zavorre, di balzare più avanti di qualche passo, apriamo finalmente queste ali per spiccare il volo, tutte assieme sarà più semplice.
La Super Santa vorrebbe portare la sua Holy Lesson N1, lo spettacolo evangelizzatore per l’esproprio delle Sante, nelle case, nei teatri, nei giardini, nelle piazze e negli ovili, ovunque si possa riunire un gruppo di persone pronto ad ascoltarla.
Volete ospitarmi? Ho preparato una scheda con tutte le indicazioni ma ho molta voglia di parlarvi e di sentirvi, quindi potete scrivermi qui, alla mia mail billytanz@gmail.com o sui social, su facebook qui e su instagram qui.
Nella prossima Holy parlerò del costume della Super Santa, ancora in definizione ma vicino al parto. Ci sono i centrini, il baracco, Wonder Woman e consigli di cui necessito.
Vi bacio forte, vi abbraccio una per una, forza cucciole che le Sante ci salveranno davvero!